In cerca di fortuna

12/14/2006

La bilancia

Oggi, per la seconda volta da quando sono qua (la prima è stata appena una settimana fa), mi sono pesato. Non so se è l'istinto di conservazione, ma dopo cinque minuti mi sono comprato un gelato (algida, ma qua si chiama in un altro modo)

Di novità ce ne sarebbero tante e nessuna. La più novità più grande è che dalla prossima settimana torno un disoccupato e la mia permanenza qua purtroppo ha qualche incognita in più.

11/30/2006

International Film Festival of India, 37th edition

Dieci di mattina: in sala uno il primo film è già cominciato da un'ora, mentre nelle altre sale la prima proiezione della giornata deve ancora partire. I banchini self-service di cibo indiano sono ancora disposti ordinatamente nel fondo della piazzetta antistante il multiplex INOX, sede delle proiezioni della manifestazione. E le postazioni fisse delle televisioni sono già al lavoro. Tra poco comincia quel film francese fuoriconcorso che mi interessava, quindi mi accomodo.
Ed una nuova giornata di festival è cominciata. Seguiranno altri 3 film: uno dello Sri Lanka, un brasiliano (in competizione), un italiano (che m'ero perso in sala in Italia), e un coreano (in competizione anch'esso).

L'IFFI ha ormai passato il giro di boa e si concluderà il 3 di dicembre (ma perché in inglese si dice "dicembre, il terzo"? Io questo non sono mai riuscito a capirlo). Ho visto tante belle cose, altre meno belle... ho stretto tante mani, ho parlato con tanta gente, ho bevuto tanti cappuccini, ho rotto lo specchietto dello scooter, ho fatto tante lunghe code d'attesa sotto il sole, ho dormito meno di 4 ore a notte ed ho mangiato pure la pizza margherita... in parole povere mi sto divertendo. Peccato solo che in questi casi non si abbia il dono dell'ubiquità, visto i tanti eventi interessanti in contemporanea.


P.s.
Due parole solo per Romanzo Criminale: veramente bello. E' stata una piacevolissima sorpresa, alla faccia di tutti i miei pregiudizi. Michele Placido finora come regista mi aveva deluso, ma stavolta ha tirato fuori davvero un gran bel film.

11/22/2006

Panjim, di nuovo

In questi mesi indiani ho visto 4 città, 4 luoghi diversissimi tra loro: Mumbai (Bombay), Chennai (Madras), Cochin, Panjim (Panaji). Certo, non sono venuto qua per fare il semplice turista, quindi ero più che soddisfatto di quel che avevo fatto e visto, ma poi sono venuto a conoscenza di questo evento, al quale non potevo non partecipare. E per quanto l'India sia grande, l'evento giustappunto cade su una delle città già viste.
Ok, lo ammetto (non è il caso di fare troppo la vittima), Panjim a dicembre è molto diversa dalla Panjim di settembre. Siamo in alta stagione, ci sono turisti ovunque, i negozi e i locali si sono moltiplicati, il termometro è fisso sui 35 gradi e l'azzurro del cielo è perfetto, da cartolina.
Avevo lasciato un posto un po' morto, un po' sudicio e soggiogato da frequentissimi monsoni. E mi ritrovo al paradiso dei tropici. Le spiagge chilometriche deserte adesso mi vengono raccontate (devo ancora andarci) come spiagge chilometriche incredibilmente affollate (da inglesi, per lo più), le strade sono più pulite e la stessa Miramar Beach (che non è una spiaggia balneabile) adesso è perfetta per le passeggiate in cerca di tramonti mozzafiato.

Ieri, in extremis, ho fatto la richiesta per avere il pass all'International Film Festival of India, perché ho scoperto, mio malgrado, che non è aperto al pubblico. Speriamo me l'accettino, sennò mi toccherà stare 15 giorni a non far niente sulla spiaggia tropicale (ok, non odiatemi... chi mi conosce sa che per me non è il massimo della vita).

Ho preso in affitto uno scooter. Duecento rupie al giorno per 14 giorni. Più 140 rupie di servizio, insomma 3000 rupie. 50-53 euro. "E' uno scooter italiano" mi ha annuciato orgoglioso l'omino del concessionario, prima ancora di scoprire che fossi italiano. Bella, è la prima volta che sento un "complimento italiano" che non sia per la nazionale campione del mondo, per Sonja Gandhi o per le scarpe.

Oggi più che mai mi manca la mia Lei. Qua sarebbe stata bene.
Qua saremmo stati bene insieme.

11/11/2006

11-11-22

Dovevi ancora insegnarmi la ricetta del tuo ragù.
Dovevi ancora insegnarmi come vivere la vita.
E ancora adesso, adesso più di sempre, ti vorrei accanto a me.

Sei andato via troppo, troppo, troppo presto.

Buon compleanno, Nonno.

11/10/2006

Articolo su Mumbai

Questo è un mio articolo, scritto circa un mese fa, che è stato pubblicato da una simpatica rivista italiana.
Non conoscendola, avevo completamente sbagliato il "target" di lettori, per cui me l'hanno giustamente modificato in alcune parti, togliendo per validi motivi tra l'altro il riferimento agli attentati dell'11 luglio 2006.

Questo però è l'originale:

La stagione dei monsoni è appena finita e nei prossimi mesi Mumbai dovrà fare a meno di quella scrosciante pioggia calda che tutti i giorni la ripuliva e la dissetava. L’umidità ha allentato la sua morsa, le strade sono già aride e polverose e gli odori speziati del colorato mercato di Colaba adesso arrivano direttamente alle narici, prive ormai di quel filtro che solo l’odore della pioggia fresca riusciva a creare. I giornali già parlano di emergenza idrica, il prestigioso “The Times of India” calcola i milioni di metri cubi d’acqua che la città non sarà in grado di produrre per sé stessa, e dalle parole usate si intuisce che per loro questo è il classico e terribile tormentone d’ottobre, puntuale come la nostra emergenza neve a Lagonegro. La scarsa umidità ad ogni modo rende finalmente piacevoli le lunghe passeggiate: dal mercato di Colaba alle bancarelle della Colaba Causeway, e poi il favoloso Taj Mahal Hotel, il celebre arco sul mare “Gateway of India”, lo storico cinema Regal, il museo nazionale “Prince of Wales”, la grande Mahatma Gandhi Road, la fontana dei fiori, la stazione ferroviaria Churchgate, fino ad arrivare al Marine Drive e al Chowpatty Beach, dove Mumbai nasconde alcuni dei suoi locali più trendy ed esuberanti. Una passeggiata in mezzo ai clacson incessanti, in mezzo alla frenesia dei manager rampanti in giacca e cravatta e all’immobilità delle persone che dormono per strada. Ed ogni momento, ogni metro, ogni bancarella, ogni persona che si incontra e ti rivolge un sorriso, può essere qualcosa di davvero speciale. Così i pensieri scivolano via davanti a questa normalità distante, caotica e un po’ crudele, fatta di splendore e miseria, di lustrini e sporcizia, mischiati insieme come la puzza dello smog e l’odore del pollo al curry. Osservando il monumentale “Gateway of India”, viene da pensare che nell’immaginario occidentale il vecchio nome della città, Bombay, forse era ancora troppo legato agli sbiaditi ricordi del passato coloniale inglese. E' bello pensare che magari è proprio per questa ragione che gli indiani dieci anni fa l’hanno voluta rinominare Mumbai, imponendo il vecchio nome in lingua marathi. Naturalmente non è vero, le ragioni sono altre, però il nuovo nome idealmente rende giustizia ad una città che si sta imponendo al mondo come nuovo centro economico e culturale, di grande interesse e di enorme attrazione per chiunque. L’aria che si respira è proprio quella della città nuova, la città delle opportunità da offrire, da cogliere e da conquistare, una città che rincorre costantemente sé stessa, senza mai peraltro rinnegare una briciola della propria sfaccettatissima identità, con tante realtà umane frammentate e indipendenti, dove il concetto di etnia si fonde con il concetto di religione e di identità sociale. Neppure il linguaggio riesce ad amalgamare completamente queste differenze, perché se i ceti più agiati parlano regolarmente inglese, a casa come in ufficio, per strada le persone comuni usano l’hindi e il marachi. E’ un multiculturalismo profondo, radicato nello stile di vita e intessuto di significati, che solo in parte viene addolcito dalle spinte uniformanti del mercato globale. Per questo motivo Mumbai è una città unica, perché ogni differenza viene gelosamente preservata e mai messa in contrasto. Viene semplicemente accostata. Come lo splendore dell’esclusivissimo “cricket club” e i vecchi palazzi neri adiacenti, come la due bellissime strutture europee dell’Università di Bombay e della stazione ferroviaria Victoria Terminus (o come si chiama adesso, in onore di Shivaji, Chhatrapati Shivaji Terminus, o CST), veri e propri palazzi gotici, il cui fascino è aumentato proprio dall’unicità stilistica rispetto a tutto ciò che li circonda. La stazione Vittoriana non è solo il monumento più bello di Mumbai, è un’esperienza da vivere. E’ enorme: migliaia di persone in corsa o in attesa, binari lunghissimi, aria viziata dal sovraffollamento e dai sempre presenti odori speziati delle bancarelle, facchini, tassisti e poliziotti ovunque. I binari della stazione vittoriana infatti, così come quelli di tutte le stazioni dell’India, adesso sono accessibili solo a chi ha il biglietto del treno, oppure un biglietto di accesso dal prezzo simbolico (3 rupie, cioè 5 centesimi). E’ l’unico momento concreto in cui Mumbai ricorda a sé stessa di essere ancora una città ferita, perché questo espediente antiterrorismo (adesso ogni poliziotto nella stazione ha un motivo per fermarti e controllarti) è stato pensato dopo il terribile undici luglio scorso, il giorno in cui dalla grande stazione di Churchgate, ultimo terminale a sud di Mumbai, partirono sette vagoni, in sette treni locali, carichi di persone e di tritolo, che esplosero in mezzo alla città. I responsabili dell’attentato sono stati da poco arrestati, a fine settembre, ma la città era già andata avanti con le proprie forze, senza cambiare i propri equilibri, senza cambiare la propria pelle.

11/07/2006

Welcome to the Jungle

Ieri, finalmente, mi sono innamorato di questa città.
I miei sentimenti verso Mumbai praticamente negli ultimi quaranta giorni hanno abbracciato (con una successione molto irregolare, tra l'altro) tutto lo spettro dell'umana percezione, dal disgusto all'incredulità, dal fastidio all'ammirazione. E' stato un percorso obbligato, Mumbai praticamente è un mondo intero con tutto dentro, ma è difficile da spiegare senza cadere nella retorica di basso livello.

Ad ogni modo, dicevo, ieri finalmente mi sono innamorato di Mumbai.
L'innamoramento è stato un istante di una giornata lunghissima, un istante in cui mi sono ritrovato un po' per caso a camminare per le affollatissime vie di una zona di mercato, con nelle cuffie Welcome to the Jungle dei Guns 'n Roses. Semplicemente meraviglioso.

E' un periodo un po' strano, mi spiace non aver postato niente negli ultimi dieci giorni.
Spero di rimediare almeno in parte nei prossimi.

10/24/2006

Certo che Mumbai...

... è proprio strana.

Ieri il tassista che mi ha portato al World Trade Center per evitare un semaforo ha fatto una strada che non conoscevo che praticamente è sbucata in una piccola bidonville. Non era proprio una bidonville, però di certo non era gente che se la passa alla grande. Centocinquanta metri prima del WTC, che come sempre è bello, ricco, elegante e pulito. E' una cosa a cui davvero non riesco ancora ad abituarmi, dico anche esteticamente. Essere a Mumbai è come essere sulle montagne russe, le montagne russe della vista e dell'olfatto (dell'udito no, perché il sottofondo di clacson è praticamente monocorde per tutta la città).

L'olfatto poi è un senso che ancora devo capire se me lo sto bruciando del tutto.
Praticamente è sempre "in funzione", non esiste centimetro cubo d'aria che non sia pregno di qualche odore, dalla puzza di smog a quella di fogna a quella di spazzatura. E poi ti sorprendi due metri dopo con l'odore del curry, delle spezie, della frutta, del fritto delle bancarelle.
All'inizio era una situazione ubriacante, ma oramai quegli odori non pungono più.
Il naso è in sciopero, credo.

Non riesco neppure più ad annusare le ascelle della mia camicia. Giuro! Non riesco neppure più a capire quando i vestiti sono da lavare. E questo non è bello. :-)